
«Chiamami Snake» (Iena in Italiano). Così esordiva il protagonista di 1997: Fuga da New York, seguita dal sequel Fuga da Los Angeles del 1996. Trentotto anni dopo quell’incipit graffiato su pellicola, Los Angeles 2025 sembra aver preso in prestito la stessa sceneggiatura – solo che qui non c’è John Carpenter dietro la macchina da presa, e l’apocalisse non prevede popcorn.
La città-set che nessuno voleva. Nelle ultime 72 ore la Guardia Nazionale è piovuta su Downtown, Compton e Paramount: fino a 2000 soldati mobilitati per “ripristinare l’ordine” durante i blitz dell’ICE contro lavoratori migranti. Il presidente Donald Trump ha bypassato il governatore Gavin Newsom invocando un oscuro comma del Title 10 – mossa che non si vedeva dai tempi di Lyndon Johnson nel 1965.
Cronaca di un copione incendiario: 44 arresti nelle prime 24 ore; proiettili non letali, gas CS e un Waymo carbonizzato su Alameda Street. 101 Freeway chiusa a singhiozzo, scuole aperte ma sotto allarme: «Questi raid generano paura inutile», accusa il sovrintendente Carvalho. Marines di Camp Pendleton in “high alert” pronti al passo successivo.
Dialoghi tagliati con il machete. «È puro spettacolo politico, non sicurezza», tuona il governatore Newsom, annunciando un ricorso in tribunale. «Prepariamoci a 30 giorni di enforcement», avverte la deputata Nanette Barragán, citando briefing confidenziali con l’ICE. «Una violenta insurrezione», replica dalla Casa Bianca l’ultrà Stephen Miller.
Hollywood in modalità mute. A dieci chilometri dagli studios, la realtà fagocita la fiction: palme in controluce, sirene che rimbalzano sui cartelloni di Sunset Boulevard e un silenzio imbarazzato da parte delle star impegnate altrove con premi e première. La narrazione patinata dell’“American Dream” cozza con le barricate di plywood e le colonne di fumo che fanno sembrare Blade Runner un documentario d’antan.
Precedente pericoloso. Federalizzare la Guardia Nazionale senza richiesta statale significa normalizzare l’eccezione: se la miccia funziona a Los Angeles, perché non provarci a Chicago, San Francisco o New York? Il diritto costituzionale al dissenso si ritrova così circondato da soldati in assetto M4. «È inquietante», commenta il giurista Erwin Chemerinsky, «si usa l’esercito per zittire il dissenso interno».
Chiusura: lo schermo si buca. Ma questa non è Hollywood. Nessun eroe con benda e battuta pronta a salvarci. Solo cemento, sirene e contraddizioni. Se ieri Fuga da Los Angeles era un B-movie da videoteca, oggi è un invito feroce: spegnete la TV, aprite la finestra e guardate il film in diretta. Il finale? Ancora da scrivere – ma la pellicola corre già nel proiettore della storia.
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