Girardi e Daldoss salutano Fratelli d’Italia, si accasano con La Civica di Gottardi-Masè e spalancano una domanda che brucia: che ne è del voto – e dei votanti – se ogni poltrona è un treno regionale senza orario?

 

Nella stanza dei bottoni del palazzo provinciale aleggia ancora l’odore di cera d’abete e di caffè bruciacchiato quando Christian Girardi sbircia il corridoio. Alle sue spalle, Carlo Daldoss avanza con passo cauto; davanti a entrambi campeggia ora il nuovo logo di La Civica. Clic di tacchi sul marmo, la porta dell’aula si richiude. Altro giro, altra etichetta.’

È l’istantanea che fotografa il dissenso dei due ex Fratelli d’Italia a Trento: eletti con il tricolore meloniano, approdati prima nel Gruppo misto, ora nel listone territoriale di Gottardi e Masè. Risultato? La Civica raddoppia, quattro consiglieri contro i due d’esordio, e pesa quanto Noi Trentino per Fugatti Presidente nell’aritmetica della maggioranza.

Rappresentanza tradita. Le cifre fanno rumore: FdI passa da cinque a due seggi appena a metà legislatura, dopo l’addio – mesi fa – anche di Claudio Cia: il primo a scendere dal taxi di Fratelli d’Italia.  Più che emorragia, un lento sgocciolio che lascia la base spaesata. Sui social compaiono faccine perplesse, in valle qualcuno scuote la testa: «…mi dissero che il mio voto avrebbe “contato” per portare Roma a Trento. Ora quei due parlano di radici locali. Boh». L’entusiasmo si raffredda, la fiducia pure.

Trasfuguismo continuo. Girardi e Daldoss giurano che «sono venute meno le condizioni per una collaborazione costruttiva» – parole del 9 aprile, quando votarono a favore del terzo mandato Fugatti e si dimisero dal partito della Meloni. Da allora il mantra è identico: troppa verticalità, poca voce ai territori. Eppure, lo stesso tavolo ora appare appetibile se imbandito da una lista regionalista: un salto che profuma più di geometria parlamentare che di Epifania programmatica.

Nel retrobottega della politica, il fenomeno ha un nome sanguigno: crisi di fiducia. C’è chi lo definisce tradimento, chi evoluzione. Di certo incide sulla metabolizzazione del voto. L’immagine suggerisce una metafora operaia. Il cittadino infila la scheda nell’urna come chi consegna una bicicletta da riparare. Due anni dopo se la ritrova trasformata in un monopattino elettrico, senza fattura né istruzioni.

Il voto che evapora. Domanda secca: ha ancora senso votare in queste condizioni? Se il mandato non è “imperativo”, la Costituzione tutela la libertà dell’eletto, ma la percezione collettiva vibra altrove. Nel 2023, l’astensione in Trentino superò il 40 per cento; oggi, sul marciapiede davanti alla sede del Consiglio, qualcuno sbuffa: «A sto punto, la prossima volta guardo la partita». La speranza ronza come un vecchio neon: flebile, intermittente.

L’ago della bilancia. Con quattro seggi “territoriali”, La Civica diventa l’ago che può cucire – o strappare – la tela della coalizione. Mattia Gottardi gongola e parla di «spunto per crescere ancora». Visione legittima, d’accordo. Ma l’operazione rivela anche l’altra faccia dello specchio: il potere negoziale di micro-gruppi nati (anche) dall’insofferenza verso le discipline nazionali.

Paradosso trentino. Ecco il paradosso: un territorio che rivendica autogoverno finisce per moltiplicare spinte centrifughe anche dentro le sigle “patriottiche” che avrebbero dovuto difendere il centro. La geografia dei partiti assomiglia sempre più al greto dell’Adige d’estate: l’acqua scorre dove trova varchi, creando rivoli fragili ma decisivi per disegnare nuove sponde.

Silenzi romani. Da Roma, Fratelli d’Italia tace – almeno ufficialmente. Meglio far finta di nulla e sperare che l’elettorato dimentichi. Ma il Trentino ha buona memoria quando si tratta di sentirsi usato come pedina. Qualcuno diceva che «il mandato popolare è un elastico: più lo tiri, più rischia di spezzarsi». La scena di Girardi e Daldoss che cambiano casacca lascerà un graffio sulla gomma. Domani potrà essere riparato? O l’elastico – logoro, sbiadito – scoccherà via, insieme alla nostra voglia di mettere ancora quella scheda nell’urna?

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